Storia di Collepasso
Collepasso s'impone all'attenzione dello storiografo e dell'appassionato di studi locali per l'originalità del nome e per la singolarità della sua evoluzione storica.
Il toponimo, nella forma Kulupatze, riferito ad un choraphion, ossia ad un minuscolo insediamento agricolo tipico del ripopolamento bizantino nel Salento intorno al X secolo, reso in coeva traduzione latina con «fundo Culopatzi», sotto la giurisdizione di un certo Riccardo Martello, è riportato in una pergamena greca del XII secolo, presumibile traslitterazione ellenofona di forme d'archivio latino-volgarizzate (Colopaci, Colopati, Colopacium), ricorrenti in diversi documenti pubblici dell’epoca.
Tali forme, possibile risultato di processi di abbreviazione e fusione di composti, quali (Ni)colaus (Ip)patius (casale di Nicola Ippazio o di Nicola di Ippazio) o più verosimilmente (Sancti Ni)colai pagi (villaggio di San Nicola), costituiscono la vera antica denominazione del sito e dell’antico abitato ivi esistente. Questa ipotesi linguistica è suffragata da numerose testimonianze storiche che attestano, nel perimetro urbano, l’esistenza di un’ampia superficie denominata appunto “San Nicola”, corrispondente all’area antistante il palazzo baronale e al suolo su cui insiste l’edificio della Scuola Primaria, nonché dal ritrovamento, nella medesima area, di fosse granarie e di resti abitativi con segni di antiche azioni distruttive. Significativa è anche la tradizione, ancora presente nella memoria dei più anziani, dell’esistenza di un antico abitato denominato “San Nicola”, distrutto in epoche remote da incursioni saracene, da cui l’appellativo “saracini” riservato ai Collepassesi.
Le suddette espressioni, nella loro evoluzione volgarizzata in Colopatzi, Colupazo, Colepazzo, Collepazzo, Colopazzo, sono pervenute sino a noi nella forma “Culupazzo” che non è, come erroneamente si crede, pronunzia dialettale dell’italiano Collepasso, bensì l'ultimo esito dell’originale denominazione del sito. L'attuale voce Collepasso, invece, si è affermata nell'Ottocento, frutto di un processo di ingentilimento linguistico dell'antico nome, latinizzato in forme comparse a partire dal tardo Cinquecento (Collepassij, Colyspassi, Collispassi). Essa ha ricevuto autorevole accreditamento dalla duplice lettura orografica e giuridica proposta dall’arciprete don Giuseppe Manta nel 1896, secondo il quale Collepasso deriverebbe da Collis passus, nel senso di luogo o di atto stesso del transito, o più originalmente significherebbe “Colle aperto al libero transito”, considerando passus participio passato del verbo pando (aprire), con riferimento all’abolizione dell’inviso jus pedatici.
L’esistenza del casale Colopaci/Colopati è attestata nel corso del 1200, in epoca angioina. Nel 1266 il casale Colopacii risulta assegnato dal re Carlo I D’Angiò al milite Radulpho de Zandini. Nel 1276, nella Cedula taxationis de distributione nove denariorum monete in Terris Iustitiaratus Terre Hydronti, redatta dalla Regia Curia di Napoli, compare il casale Colopacium, tassato per un’oncia, dieci tarì e quattro grana. Era, quindi, accertata sul sito la presenza stabile di una popolazione alla quale andava distribuita la nuova moneta in rapporto all’imposta calcolata proporzionalmente al numero degli abitanti.
Un secolo dopo, precisamente nel 1378, al tempo del Re Carlo di Durazzo, il casale Colopati risultava ancora inserito nell’elenco dei casali abitati, nettamente distinto da quelli diruti, ed era tassato con la somma di 10 once e 15 tarì. Considerato che per ogni oncia di tassa venivano rappresentate quattro famiglie e che ogni famiglia veniva considerata mediamente composta da cinque persone, si può calcolare che alle dieci once e 15 tarì (1/2 oncia) corrispondessero 42 famiglie e, quindi, circa 200 abitanti.
Manca invece ogni riferimento all’esistenza di un casale sul territorio nei documenti fiscali aragonesi. Infatti, nei Focularia Provincie Idronti del Liber focorum Regni Neapolis, un documento risalente al 1447 che riporta il nome di 123 località censite in Terra d’Otranto, non c’è traccia di Collepasso, così pure nei focularia dei decenni successivi. Tale assenza dimostra lo spopolamento del sito, essendo ben noto che i focularia erano gli elenchi di famiglie delle varie località, predisposti in epoca aragonese per l’applicazione delle tasse (fuocatico), applicate non pro capite ma per nuclei familiari, detti “fuochi”, da focolare domestico.
Lo spopolamento del territorio di Collepasso risale, pertanto, ad epoca precedente l’invasione turca di Otranto e del Salento del 1480-1481. Difficile stabilire cosa sia accaduto tra il 1378, anno in cui il casale risultava ancora popolato, e il 1447. Per analogia con il contemporaneo spopolamento di altri siti limitrofi, quali Sirgole, Pisanello, Piscopìo, Petrore, si possono ipotizzare, tra le cause del fenomeno, eventi distruttivi come epidemie, razzìe, azioni belliche in genere o l’abbandono del territorio da parte dei residenti per ragioni di sicurezza, con trasferimento in località maggiormente protette. Nel 1555 Collespatio compare tra i «luochi dissabitati» della Diocesi di Otranto, così come non risulta nel censimento francese del 1806. Nell’Atlante Sallentino del canonico Pacelli del 1807 è indicato come casale diruto.
Dalla metà del 1400 sino ai primi del 1800, per oltre tre secoli e mezzo, il territorio di Collepasso rimase quindi spopolato, ma ciò non significa assenza totale di presenza umana. Il feudo, infatti, continuò ad essere proprietà di varie dinastie feudali, le ultime delle quali furono i Massa, che lo acquistarono nel 1576, e i Leuzzi, che ne divennero titolari nel 1692. Sia gli uni che gli altri, per determinati periodi, risiedettero nel palazzo baronale. Alla fine del 1500, sul territorio è documentata la presenza di un cospicuo numero di masserie, che sarebbero divenute quindici nel corso del 1700. In esse vivevano famiglie di coloni o lavoratori stagionali, ma sul territorio non si costituì l’universitas, ossia una comunità giuridicamente e stabilmente organizzata.
Agli inizi del 1800, nel territorio, si ricostituì il nuovo villaggio di Collepasso per iniziativa dell'ultima baronessa, Maria Aurora Leuzzi Contarini, e del conte Bartolomeo degli Alberti di Enno, che richiamarono sui terreni del feudo contadini provenienti dai paesi limitrofi, mediante concessioni enfiteutiche di appezzamenti di terreno a condizioni vantaggiose e con altri incentivi in denaro per dissodare i terreni e avviare le colture e, soprattutto, donando piccoli lotti intorno al palazzo baronale con l'esplicito intento di favorire la costruzione di abitazioni.
Si andò così costituendo il nuovo villaggio di Collepasso, come frazione del Comune di Cutrofiano. Il 12 luglio 1835 si registrò la prima visita pastorale, effettuata dall’arcivescovo di Otranto mons. Vincenzo Andrea Grande. La popolazione del nuovo villaggio contava ormai circa 300 persone, mentre nel 1852 risultavano residenti in Collepasso 104 famiglie per un totale di 530 abitanti che, nel censimento del 1861, il primo dell’Italia unita, sarebbero divenuti 1067.
Nel 1855, con l’erezione della parrocchia, Collepasso otteneva l'autonomia spirituale, preludio di quella amministrativa che sarebbe stata sancita con specifica legge, la n. 319 del 6 giugno 1907, proposta dall'on. Antonio Vallone.
Il 10 dicembre 1911, il re Vittorio Emanuele III emanava il decreto che determinava l'estensione territoriale del feudo, dopo una lunga e sofferta controversia con l'ex capoluogo Cutrofiano. Il 18 febbraio 1912 veniva eletto il primo Consiglio comunale del nuovo Comune di Collepasso.
Tratto dal libro "Storia di Collepasso dalle origini all'autonomia" di O. Antonaci, S. Marra, Amaltea Edizioni, 1999