Sulle tracce dell'antico progenitore di Collepasso
Ipotesi sulle origini
Non è possibile stabilire con assoluta certezza le origini remote e le vicende dei primi insediamenti umani sul territorio di Collepasso, a causa della scarsità del materiale documentario. I pochi reperti signora rinvenuti consentono, tuttavia, di formulare delle ipotesi abbastanza attendibili.
Stando al cospicuo materiale litico scheggiato rinvenuto in agro di Collepasso-Parabita, in località Terrisi-Belli, e risalente al Paleolitico inferiore (Clactoniano) e al Paleolitico medio (Musteriano e Levalloisiano), si può ipotizzare la presenza umana sul sito sin dai poche preistoriche remote. Le caratteristiche di alcuni reperti tombali, cocci e monili vari, rintracciati nel passato e purtroppo andati perduti, inducono però a supporre la presenza di un insediamento solo in periodi relativamente più recenti.
Secondo Ruggero Rizzelli, il primo insediamento sul territorio di Collepasso avrebbe avuto origine romane. Egli, infatti, in un suo breve scritto che risale ai primi anni di questo secolo, afferma che le origini di Collepasso "rimontano all'epoca dell'occupazione romana" della Penisola Salentina, dopo la capitolazione di Taranto avvenuta nel 272 a.C.. Per sorvegliare i nuovi territori e per tenere sotto controllo le popolazioni vinte, i Romani avrebbero costruito numerosi forti e fortini in tutta la regione, presidiando in particolar modo la costa ionica, con il relativo entroterra, da dove temevano i pericoli delle incursioni dei Tarantini che non sopportavano la loro dominazione. La posizione strategica del sito di Collepasso, da cui si potevano controllare i valichi delle Serre di Parabita e di Tuglie, avrebbero spinto i Romani a munirlo di un fortino e di una guarnigione a presidio del "passo". Al posto di tale fortino sarebbe, poi subentrata una colonia bizantina che, a causa delle vicende politico-militari dell'epoca, avrebbe abbandonato successivamente il "passo", spostandosi più all'interno della foresta che si estendeva ad est delle Serre, nel luogo dove poi sorse Cutrofiano.
All'epoca delle lotte tra Angioini ed Aragonesi, il "passo" avrebbe sempre più acquistato importanza strategico-militare ed economica per i traffici che vi si snodavano. Ferdinando I d'Aragona, nella seconda metà del '400, vi avrebbe installato un castello con un presidio militare a tutela del territorio gallipolino. Occupata Gallipoli 16 maggio 1484, i Veneziani avrebbero utilizzato il passo per i traffici oleari con il territorio del versante adriatico del Salento, introducendovi l'oneroso ius pedatici che i trafficanti dovevano versare ai gabellieri veneziani per far transitare le loro cavalcature cariche di derrate, attraverso il Passo del Colle, sbocco naturale per Gallipoli. Tali vicende storiche, secondo il Rizzelli, sarebbero state la causa del mancato popolamento di Collepasso che rimase "luogo deserto", a differenza di "quanto precedentemente avvenuto altrove", dove "intorno ad ogni fortino, forte o castello romano, intorno ad ogni piccola colonia agricola greca eravi sorto il paese".
Siamo di fronte ad una ricostruzione che, seppur verosimile, si rivela complessivamente assai vaga e non sostenuta da un'adeguata documentazione dimostrativa. Ma, a sostegno della presenza romana nel territorio di Collepasso, interviene anche la testimonianza del Manta, il quale riferisce che, ne pressi del castello e della Cappella dello Spirito Santo, tra il "1860 e il 1875 si rinvennero nel vangare il terreno de' solchi larghi e praticati a foggia di cassettoni, ove giacevano scheletri e teschi umani, come pure delle monete ossidate aventi l'immagine degli antichi Cesari Romani, specialmente di Claudio I e di Nerone, delle lucerne di argilla ed altri vasetti. Di notevole interesse storico si rivelano i diversi reperti venuti alla luce negli ultimi decenni. Nel 1938-'39, durante gli scavi per la costruzione dell acquedotto, in via Vittorio Emanuele III e in via Ugo Bassi sul lato della Cappella dello Spirito Santo, furono rinvenuti numerosi scheletri e alcuni anni dopo, in località Gelso, emersero diverse tombe scavate nel tufo ed allinate una accanto all'altra. Rinvenimenti simili si sono susseguiti anche in tempi e noi più vicini; nel 1981, infatti, durante lo scavo per la costruzione di un fabbricato in via Bissolati-angolo via Vittorio Emanuele III, sempre nelle adiacenze della suddetta Cappella, venne alla luce un'altra tomba e, nel 1991, durante lavori per la canalizzazione della fognatura lungo via Ugo Bassi, all'altezza del castello, fu scoperta nuova serie di tombe. La presenza di tali resti umani diffusa sul territorio, insieme ad alcuni reperti recuperati in vari altri siti, come una lucerna rinvenuta in via Padre Giuliani e attribuita al I secolo d. C., l'impugnatura di un'antica daga e varie monete romane, attribuite ad epoca tardo-repubblicana e al periodo imperiale, sembrano ulteriormente confermare tale teoria e comunque avvalorano l'ipotesi dell'esistenza di un insediamento umano o, per lo meno, la frequentazione ordinaria del sito sin da epoche storiche antichissime. Un Villaggio di nome San Nicola Per affrontare correttamente e proficuamente il problema delle origini e dell'etimologia di Collepasso è fondamentale partire da dati storico-linguistici sincronicamente considerati ed oggettivamente verificabili, per evitare i pericoli delle congetture e i limiti delle prove di tipo esclusivamente linguistico che, come avverte Andrè Jacob, "sono di applicazione estremamente delicata soprattutto quando, tratte da materiale contemporaneo, pretendono di risalire a fenomeni lontanissimi nel tempo". |
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Lucerna rinvenuta nel 1969 in una tomba del I° secolo d.C., in Via Padre Giuliani |
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Impugnatura di spada, con lama corrosa, rinvenuta nel 1973, in località Macchie |
In tale ottica, pur riconoscendo una certa attendibilità all'ipotesi avanzata dal Fattizzo secondo cui alla base della denominazione Collepasso ci sarebbe la variante Colopatii, forma alterata e contratta, come già detto, di Nicolaus Ippatius, si ritiene che il riferimento ineludibile, per una indagine etimologica su Collepasso scientificamente fondata, sia rappresentato dalla prima testimonianza d'archivio, a noi nota, che attesta inequivocabilmente l'esistenza del topos in epoca normanna. Si tratta di una pergamena dell'Archivio vescovile di Nardò, in lingua greca, risalente al periodo tra il 1149 ed il 1227 o agli anni immediatamente successivi, nella quale è registrata la donazione di un certo Riccardo Martello che, in remissione dei peccati del proprio figlio defunto, Bartolomeo, dona al Monastero di San Mauro, in territorio di Gallipoli, due uomini di nome Agrimi e Gregorio, figli di Ugone, con tutti loro beni e con i loro figli, provenienti dal territorio di Collepasso.
Questo documento si rivela determinante per risolvere la questione etimologica e stabilire, nel contempo, le origini di Collepasso, perchè attesta la presenza sul territorio, nel XIII secolo, di un piccolo insediamento di cui viene anche indicata l'esatta tipologia. Il documento, infatti, parla di choraphion (cwrafiou) espressione greca tradotta in latino con "fundo", evidenziando chiaramente l'esistenza del topos in epoca bizantina. I choria erano piccoli centri abitati non fortificati, caratteristici dell'organizzazione economico-territoriale bizantina intorno al X secolo, costituiti da minuscole comunità contadine inserite nell'apparato fiscale dello Stato, "i cui abitanti erano solidarmente responsabili del pagamento delle tasse e delle imposte".
Di questo chorion viene indicato il nome con l'anomala espressione greca Kulupatze, nata in ambiente linguistico ellenofono ma certamente influenzata da fenomeni latino-volgarizzati radicati nelle parlate locali. Se, come stato osservato, la forma Kulupatze è da ritenersi "trascrizione bizantina di una forma romanza", non è da Konlonpatze che bisogna partire per impostare la ricerca etimologica, ma dalla forma volgare, cioè reale, con cui veniva denominato il sito. E questa ci viene offerta da documenti d'archivio, che possiamo considerare coevi alla forma Konlonpatze, in quanto risalenti agli anni 1270-76, all'epoca cioè delle prime infeudazioni del territorio di Collepasso, nelle ricorrenti forme similari Colopacio, Colopacii, Colopacium.
L'analisi di queste forme composte consente di individuare la struttura che i singoli termini originariamente avevano, prima che venissero fusi nella pronuncia e nella grafia. Colo- si rivela relitto di Nicola/ò, mentre in -pacio è individuabile un esito volgarizzato del latino pagus/i (villaggio) che processi di alterazione fonetica propri della parlata popolare avrebbero fatto evolvere, considerata l'affinità fonico-palatale tra "g" e "c", in pacius e/o -paci dando vita, con la sostituzione di "c" con "z", fenomeno frequente nelle lingue romanze soprattutto nella più aspra pronunzia popolare, alle varianti -patzi, -pati/io, -pazio/zo/zzo, traslitterate nell'espressione greca Kulupatze della pergamena neretina del XIII secolo. La forma, al genitivo, Colopacii che, con l'altra diffusa variante Colopatii, è da considerare, pertanto, evoluzione di Colopagi, potrebbe considerarsi frutto di un processo di trasformazione fonetica e confermerebbe comunque, in perfetta sintonia con la tradizione, l'originaria denominazione dell'antico progenitore di Collepasso, Nicolai Pagus, più precisamente Sancti Nicolai pagus cioè "villaggio di San Nicola" che, per quanto sin qui detto, dovrebbe essere stato un piccolo insediamento contadino di origine medievale, probabilmente saccheggiato e distrutto da qualche incursione saracena nei secoli precedenti il Mille. Ricostituito, nell'ambito della politica bizantina di ripopolamento del territorio, come una piccola dipendenza di qualche importante centro monastico vicino o, più probabilmente, come centro autonomo, un chorion appunto, avrebbe mantenuto comunque il ricordo dell'originaria denominazione del sito. Sarebbe così nato il chorion S. Nicolai pagi, ridotto e fuso nella prassi linguistica popolare in chorion e, successivamente, casale Colopacii - Colopatii.
Tale ipotesi è supportata da significativi riscontri storici come i frequenti, sanguinosi assalti dei pirati saraceni, di cui il territorio è stato tristemente segnato, attestati anche in epoche precedenti il Mille, che avevano per obiettivo i centri costieri del versante ionico, nel quale gravitava anche l'area di Collepasso, come Gallipoli e Ugento. E' naturale, però, supporre che tali incursioni non si limitassero alle città portuali ma interessassero anche insediamenti dell'entroterra, compreso l'antico villaggio di S. Nicola nell'area dell'attuale Collepasso, a pochi chilometri da Gallipoli. Del resto, l'appellativo "saraceni", con cui spesso i Collepassesi vengono indicati e che col tempo ha acquistato il falso significato di "gente eccessivamente avara", sottintende una particolare relazione del territorio con la presenza di genti saracene, che avrebbero potuto occuparlo e addirittura dimorarvi per un certo periodo.
Sotto il profilo linguistico, c'è da rilevare che qualche altro sito limitrofo a Collepasso, come Maricore, conserva ancora le tracce della sua origine nell'attuale denominazione, in cui è ancora individuabile un relitto di chora (core), preceduto dal nome proprio dell'insediamento, che potrebbe essere stato [Santa] Maria.
Quanto, poi, alla denominazione San Nicola o San Nicolò, va ricordato che si trattava di un fenomeno frequentissimo nel Salento, collegato al diffuso culto per il santo di Myra, introdotto dai monaci basiliani. In tale contesto, un altro elemento a favore dell'ipotesi di un insediamento bizantino, nell'attuale territorio di Collepasso, intitolato a San Nicola è costituito dall'analoga denominazione di altri siti posti nelle immediate vicinanze, come l'Abbazia di San Nicola di Macugno sulle Serre di Neviano, in contrada attualmente denominata Torrenova, o il sito detto Colacone o Colacune, sulla provinciale per Cutrofiano, il cui nome rimanda a S. Nicolai eikòn, cioè "icona di San Nicola", con riferimento a qualche antico piccolo luogo di culto con l'immagine (icona, volg. "cuna/e") del Santo.
L'ipotesi dell'origine bizantina dell'antico abitato di Collepasso è ulteriormente avvalorata dal ritrovamento, nei pressi della Sappella dello Spirito Santo, 1879, di una lastra tombale con epigrafe funeraria in caratteri greci, di cui fortunatamente si conserva il disegno, all'epoca redatto e inviato da Gaetano Moro al gallipolino Emanuele Barba. Si tratta di un reperto di notevole rilevanza storica, in quanto assai simile ad una lastra tombale, con analoga iscrizione bizantina, rinvenuta da Sigismondo Castromediano nel 1847, ne pensi di Cavallino e risalente al 1238. La grecità dell'antico insediamento presente nell'area dell'attuale Collepasso è anche confermata dallo storico Gallipoli Micetti il quale, nel suo manoscritto del 1697, riporta che in un "notamento" del 1334 è registrata un'epigrafe che, in lettere greche, si trovava nella vecchia sacrestia della cattedrale di Gallipoli, nella quale era scritto che "sotto il vassallaggio di Gallipoli rientrava Collepazzo".
L'esistenza di un antico insediamento nell'area dell'attuale Collepasso, denominato San Nicola, è attestata infine dal Manta il quale riferisce l'autorevole testimonianza dell'Arcivescovo di Otranto mons. Andrea Grande che, in visita pastorale a Collepasso nel 1860, confermava la presenza nel territorio, in epoca medievale, di un abitato con tale denominazione, secondo quanto da lui stesso ricavato da una cronistoria Salentina, ed è rimasta viva nella memoria popolare che ha conservato la tradizione di un originario villaggio denominato San Nicola, da cui la popolazione sarebbe fuggita, spostandosi in siti più sicuri, e del quale sarebbe rimasta traccia nella denominazione di un'area ben precisa dell'attuale abitato, situata proprio di fronte al castello. Quest'ultimo riferimento trova conferma nella testimonianza dello stesso Manta che ricorda come "sino all'anno 1870 nel fondo suddetto di San Nicola si osservò tutto il suolo coperto, per mezzo palmo e più, di rottami di creta cotta, che a poco a poco si adoperarono per tegole battute sulle nuove fabbriche: come ancora si esperimentarono degli strati di cenere e delle incavatura o fosse artefatte per contenere biade e civaglie". Gli strati di cenere e la grande quantità di cocci di tegole fanno chiaramente supporre un'azione distruttiva abbattutasi sul villaggio.
Il toponimo San Nicola, nel territorio dell'attuale abitato di Collepasso, risulta anche attestato in diversi documenti pubblici. E' infatti riportato in un atto del 15 agosto 1722, come facente parte della Masseria Capruzzi in territorio di Collepasso, dove é così descritto: un altro pezzo di terreno seminatorio di tomolate tre e stoppelli cinque [...] nominato S. Nicola, confinano le terre della detta masseria del signor Tafuro per tramontana e ponente, e con le curti della suddetta masseria Capruzzi da levante", e una planimetria ottocentesca. Infine, nel foglio di mappa n. 7 del Catasto Terreni di Collepasso nel Quadro d'unione all'impianto risalenti alla fine degli anni '20 è indicata la via San Nicola, mente in una pianta del 1925, per la costruzione di una civile abitazione, risulta indicato il fondo San Nicola, ultima traccia dell'antico sito dedicato al Santo di Myra.
Dalle originarie denominazioni dell'insediamento progenitore di Collepasso, Colopacio - Colopatio, sarebbe derivata la forma italianizzata Collepasso, frutto di un lungo processo di ingentilimento linguistico, che, attraverso una sorta di legittimazione esercitata dalle autorevoli forme latine Colyspassi e Collispatium, apparse nei secoli successivi, e resa ancora più plausibile dall'orografia del sito e dalle vicende storiche ad esso connesse, si è affermata perchè eufonicamente più accreditata rispetto al più autentico ma indubbiamente non aulico Colopacio - Colopazio.
Tratto dal libro "Storia di Collepasso dalle origini all'autonomia" di O. Antonaci, S. Marra, Amaltea Edizioni, 1999