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Ultimo aggiornamento: Lunedì 15 Aprile 2013

Collepasso: una complessa questione etimologica

Le ipotesi etimologiche tradizionali...

CartinaNell'ambito della toponomastica Salentina, la denominazione Collepasso sembra risaltare sia per limpidezza semantica che per originalità morfologica, distinguendosi nettamente tanto dai numerosi toponimi di origine latina terminati in -anum, che rinviano ad assegnazioni prediali romane, quanto dei nomi di chiara matrice greca come Gallipoli, Galatone o Parabita, o di derivazione Messapica quali Alezio o Vaste. Proprio tali caratteristiche morfo-semantiche hanno polarizzato, nel corso dei secoli, l'attenzione degli studiosi, che hanno cercato, al di là delle apparenze, di individuare e definire l'esatta etimologia di Collepasso, pervenendo, però, a "letture" spesso frutto di eccessiva fantasia se non si vere e proprie forzature interpretative che, invece di risolvere il problema, hanno contribuito a creare una vera e propria questione etimologica intorno a Collepasso. Si rende pertanto necessario procedere, preliminarmente, ad un'analisi critica delle varie interpretazioni che, nel corso del tempo, sono state avanzate.

Nel 1724, il reverendo padre Bonaventura da Lama, nella sua Cronica, sostenne che i due villaggi posti nelle vicinanze di Galatina e all'epoca denominati Collepazio e Colomito derivassero il proprio nome rispettivamente da collispacue e da collis mitis, con riferimento all'ortografia dei due siti, costituiti da "colline feracci de pascoli per la gregge".

Nel 1858, don Vincenzo Maselli, di Cutrofiano, riprendendo la definizione di padre Bonaventura da Lama, affermò che Collepasso deriverebbe dal composto latino Collis-pascorum, forma abbreviata di Collis-pasculorum, "locus in quo greges ad pasqua ducebantur uti nomen indicat". Si tratta di un'ipotesi troppo azzardata sia dal punto di vista fono-linguistico, considerata l'assoluta reciproca estraneità dei termini passus/pasculorum-pascorum, sia sotto il profilo ambientale, dovendo naturalmente supporre che, all'epoca, il pascolo caratterizzasse diffusamente il territorio salentino in genere e non costituisse un dato identificativo di una sola piccola area. A talee lettura si rifece, successivamente, Giacomo Arditi, secondo il quale "in quei tempi ben remoti era questo un colle ordinariamente vestito di buoni pascoli, Collipascorum, per cui lo frequentavano i pastori con i loro greggi; da ciò il nome Collepasso, accorciativo di Collepascolo".

Nel 1896 don Giuseppe Manta, secondo arciprete della storia di Collepasso, che conosceva le precedenti denominazioni del sito nelle varianti Collipatii, Collepatii, Colyspassus, Colupazo, facendo specifico riferimento all'iscrizione sepolcrale Collispassi incisa su una tomba nella Cappella dello Spirito Santo e confutando l'interpretazione del Maselli, avanzò un'ipotesi etimologica di natura ortografica, individuando l'origine del nome Collepasso nelle voci latine collis e passus con l'attribuzione al secondo termine passus del significato di luogo o di atto stesso del transitare. Collepasso, pertanto, significherebbe Passo ho Passaggio del Colle, con riferimento al transito che dovevano compiervi le carovane dei commercianti e gli altri viaggiatori che, dal Capo di Leuca, si dirigevano verso Gallipoli.

A sostegno di tale affermazione, il Manta adduceva la prova del pagamento di un tributo, il famoso ius pedatici, al quale sino al 1692 erano stati obbligati i viandanti che passavano per Collepasso e che versavano alle casse baronali davanti a due colonne antistanti il castello, per le quali si aprivano due vie: una verso ovest, per Gallipoli, l'altra verso est. Tali "colonne - notava al suo tempo il Manta - sono ancora ben visibili nel largo prospiciente lo stesso palazzo e formano una specie di grande anfiteatro di forma quasi quadrata".

Ma l'intuizione più interessante di don Giuseppe Manta consiste nella variante di tipo giuridico che egli propose circa l'etimologia di Collepasso. Attribuendo, infatti, a passus la funzione di aggettivo derivante dal verbo latino pando (nel significato di "aprire") e sottolineando l'importanza storica dell'abolizione dell'antico ius pedatici contenuta nell'atto pubblico di acquisto del feudo del 1692, l'arciprete Manta indicò in Collispassus espressione latina con cui, significativamente, sarebbe stata salutata la libertà di passare per il Colle, che finalmente la divenuto passus, cioè aperto al transito, libero dal tributo del pedaggio alla famiglia baronale. Da Collispassus sarebbe dunque derivata la forma attuale Collepasso, che significherebbe appunto Collina aperta al libero transito.

Agli inizi di questo secolo, Cosimo De Giorgi, rigettando le interpretazioni del Maselli e dell'Arditi. considerò valide quelle del Manta perchè realisticamente ispirate all'ortografia del sito, mente Ruggero Rizzelli sostenne la tesi della derivazione dell'attuale Collepasso dalla denominazione Passo del Colle data dai veneziani durante la loro occupazione del territorio gallipolino nel 1484, epoca in cui, a suo parere, sarebbe stata anche introdotta l'imposta del pedatico.

... e quelle più recenti

Una nuova etimologia, frutto dell analisi filologica dell'antica variante archivistica Colopacii, è stata proposta nel 1969 da Pantaleo Giovannico nella sua "Presentazione" a Collepasso nel tempo e condivisa dalla autore del libro, Giuseppe Marzano. Secondo tale interpetrazione, Collepasso deriverebbe dai sostantivi latini collis e  pax, più precisamente dalle rispettive forme del genitivo plurale collium,  per giustificare la presenza delle vocali "u"/"o" di colu/colo, e del singolare pacis che, attraverso secolari processi di trasformazione fonetica, avrebbero dato vita, fondendosi, alla dizione Colopacii, da cui l'esito italianizzato Collepasso che significherebbe appunto casale o feudo dei colli della pace. Tale teoria, a parte l'indubbia originalità e l'attento procedimento linguistico, si rivela, in realtà, ipotesi alquanto suggestiva, alimentata dall'auspicata "visione" di una mitica "bucolica collina della pace" che, però, non trova riscontro nella realtà storica del territorio, tristemente segnato da dolorosissime vicende belliche e da ricorrenti incursioni vandaliche.

Con manifesta prudenza, rivelatrice dell'oggettiva difficoltà di risalire all'etimologia di Collepasso, si muove il noto linguista tedesco Gerhard Rohlfs, esperto conoscitore dei dialetti salentini, il quale, dopo aver accennato al significato latino di "estesa collina" attribuibile a Collipassus, conclude limitandosi a constatare che l'attuale voce dialettale Culopazzo non sarebbe una degenerazione satirica, ma corrisponderebbe all'antico nome del sito, il cui suono poco gradevole avrebbe provocato, in "un'epoca non piu determinabile", la latinizzazione con conseguente arbitraria alterazione dell'originaria denominazione di cui il Rohlfs non azzarda comunque l'etimologia.

Del tutto priva di fondamento, perchè frutto di un artificiosa quanto mai forzata costruzione linguistica e che qui si cita solo per dovere di completezza, risulta la già definita, a dir poco "grassa" ipotesi del glottologo Giovanni Alessio, secondo il quale Collepasso altro non sarebbe se non l'evoluzione italianizzata del dialetto Culupazzo, esito di un soprannome indicante devianza sessuale, nato in ambiente linguistico griko-latino che egli, attraverso una parossistica quanto sconcia elencazione terminologica, individua nella oscena forma composta culipatiens o culupatiens, assimilabile all'aggettivo pathicus, con significato di sodomita. E l'impressione di trovarsi di fronte ad una satirica boutade sembra conferma del fatto che l'Alessio non lasci spazio, sia pure in via ipotetica, a soluzioni alternative connesse, ad esempio, all'antica autorevole variante Colopatii, considerato che, in altra sede, analizzando la struttura del toponimo di matrice bizantina"Mastropati", che riproduce fedelmente l'uscita di Colopatii, ne individua l'origine delle forme greche "mastro - Ippatioz" (mastro Ippazio). 

Di ben altro spessore si rivela la recente intuizione di Sebastiano Fattizzo, il quale analizzando il patronimico Colopatius e le sue numerose varianti (Colopatio, De Colepatio, De Culopatio, Colopatii, Colopacius, Colopatius, Colopacius, Colopazzo, Culopazzo, Colepatio, Collepatio) frequenti nei Codici galatonesi 5 e 5 bis, perviene alla conclusione che si tratti di un composto di Nicolaus Ipatius, nomi di chiara origine orientale molto frequente nel Salento. Fenomeni di contrazione e di eufonia avrebbero modificato l'originaria struttura dei nomi (Ni)COLA(us) - (I)PATIU(s) dando per esito le forme Colapatio o Colopatio e varianti. A queste forme, rintracciabili ancora nelle lessico popolare, risalirebbe la denominazione italianizzata, ma alterata, di Collepasso che, secondo Fattizzo, avrebbe avuto origine da un Colopatio di provenienza galatonese a cui sarebbe stato infeudato il territorio.

Si tratta di un'ipotesi originale, che contiene non pochi elementi di attendibilità, come il fatto che concretamente collega la denominazione del sito al nome di un signore, fenomeno abbastanza usuale nella passi dell'infeudamento. Il suo limite, però, sta nella conclusione perchè, secondo Fattizzo, sarebbe stato un Colopatio (Nicola Ippazio) galatonese a dare il nome al territorio di Collepasso, intorno alla seconda metà del 1600.

I dati storici pongono inequivocabilmente i termini della questione in maniera ben diversa. Il toponimo Culupatzi è documentato almeno quattro secoli prima della metà del 1600, per cui i Colopatius residenti a Galatone nel 1500 e indicati nei Codici galatonesi 5 e 5 bis, trascritti dal fattizzo, non possono aver dato il nome all'abitato di Colopatio-Collepasso, ma costituiscono una conferma dello spopolamento del sito documentato già nel corso del 1400.

Pertanto, i Colopatius riportati nei manoscritti galatonesi altro non erano se non immigrati da Collepasso, che derivavano il proprio nome del luogo d'origine, cioè Colopatio. Si tratta di nuclei famigliari fuggiti dal casale per mettersi in salvo dalle scorrerie e dagli eccidi dei razziatori, particolarmente frequenti nella zona in determinati periodi della sua storia. A prova di tale affermazione va notato che, oltre a Galatone, altri centri salentini come Galatina e Gallipoli registrano, nel medesimo periodo, la presenza, tra la rispettiva popolazione, di famiglie con il cognome Colopazzo.

Tornando allo spopolamento di Collepasso avvenuto nel XV secolo, va notato che esso è documentato dalla Nota dei luoghi della Diocesi di Otranto per l'obbedienza del 1555, che registra Collespatio tra i luoghi disabitati, e trova riscontro nelle autorevoli opere del Galateo e di Girolamo Marciano che, nelle loro descrizioni del Salento rispettivamente risalenti ai primi del 1500 e del 1600, non riportano alcun riferimento su Collepasso.

L'altro pregio dell'ipotesi avanzata dal Fattizzo consiste nel recupero che essa compie dell'esatta radice di Colopatii,  cioè il morfema colo- che non è, come generalmente si è creduto, alterazione volgarizzata di collis bensì forma contratta di Nicolaus, fenomeno ricorrente sino ad epoche abbastanza recenti e rintracciabile tanto nell'onomastica (Cola, Coletta, Colella), quanto nella toponomastica locale come primo elemento di nomi composti (Colamaria, Colacone, Colavita). Ugualmente frequente risulta, nell'uso popolare, il nome di persona Pati, forma contratta del latino Ippatius, da cui l'italiano Ippazio. Pertanto, secondo la teoria del Fattizzo, sarebbe naturale per Collepasso supporre un processo di alterazione linguistica che dal doppio nome Nicolaus-Ippatius (Nicola Ippazio) o Nicolaus Ippatii (Nicola di Ippazio, figlio di Ippazio) avrebbe portato alle forme contratte Colopatius o Colopatii. Tali forme,  pronunziate secondo le leggi della fonetica latina Colopazio, avrebbero generato le dizioni volgarizzate Culupazzu, Colupazzo, Culopazzo e, da queste,  l'italiano Collepasso.

Tratto dal libro "Storia di Collepasso dalle origini all'autonomia" di O. Antonaci, S. Marra, Amaltea Edizioni, 1999

Pagina creata ( Venerdì 12 Aprile 2013 )
 
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